Rapporto Eurispes sulla durata del processi

Per la prima volta nel 2007 l’EURISPES, in collaborazione con la Camera Penale di Roma, ha esaminato da vicino le vicende processuali nelle aule e ha tratto dati concreti da cui si sono evinti dati sino ad allora sconosciuti. Dati poi avvalorati con l’indagine dell’anno successivo, 2008, operata sul territorio nazionale, sempre dall’EURISPES, in collaborazione con 27 Camere Penali Italiane (12.918 processi penali monitorati in diversi Tribunali italiani).

Risultato di tale indagine: in Italia ogni giorno si rinviano sette processi su dieci. I processi che ogni giorno si concludono con la pronuncia di una sentenza rappresentano meno del 30% del totale mentre nei due terzi dei casi (69,3%) il processo si rinvia ad altra udienza.

Le problematiche maggiori che comportano il rinvio delle udienze senza che i processi vengano celebrati, non derivano – come si supponeva - dalle istanze di rinvio degli avvocati che mirerebbero alla prescrizione per il proprio assistito, ma sono, in realtà, di carattere burocratico e amministrativo (e così vengono rinviati il 12,4% per assenza del Giudice titolare, il 9,4% per omessa o irregolare notifica all'imputato, l'1,3% per omessa o irregolare notifica alla persona offesa, lo 0,9% per errata notifica al difensore). Oltre la metà (il 54%) dei processi fissati per lo svolgimento della istruttoria dibattimentale viene rinviato senza lo svolgimento di alcuna attività.

 Gli attori coinvolti - e “travolti” - ogni giorno dal sistema processuale italiano così rappresentato, sono innumerevoli:

- dalla parte lesa, che si rivolge alla giustizia attraverso denuncia o querela, affinchè possa un giorno ottenere che il colpevole venga punito e che, infine, apprende che il suo caso mai potrà essere preso in considerazione in quanto archiviato, ovvero in quanto il reato si è prescritto;

- all’imputato, che spesso deve sopportare anni di processo e diversi gradi di giudizio prima di poter convincere della propria innocenza e ottenere finalmente la libertà. Dai dati EURISPES è stato rilevato che sul totale dei processi conclusi con una sentenza, si giungeva alla condanna nel 60,6% dei casi, a una assoluzione nel 21,9% e all’estinzione del reato nel 14,9%.

- allo Stato e, quindi, a tutti noi cittadini che dobbiamo sostenere i rilevanti costi della giustizia: di gestione della mole dei procedimenti scaturiti da denunce e querele poi archiviate, di risarcimenti per ingiusta detenzione, per spese di mantenimento in carcere, di risarcimenti per l’eccessiva durata dei processi (prima in ragione delle condanne ricevute dalla CEDU e poi da quelle comminate dalle Corti d’Appello in applicazione della legge Pinto), di costi per il quotidiano funzionamento delle aule giudiziarie (per operatori, per scorte addette alle traduzioni di ogni singolo detenuto, per spese di perizie e trascrizioni di quanto detto nei processi, per costi di indagini ed intercettazioni, per trasferte di testimoni più volte rinviati ad altra udienza). Tutti costi che solo in rarissimi casi vengono recuperati a carico dei condannati perché stranieri, irreperibili o perché, di fatto, al termine dei processi e dopo lunga carcerazione, risultano nullatenenti. Anche le spese conseguenti alle remissioni di querela, addebitate quale indennizzo per le spese del procedimento sino ad allora sostenute (e ammontanti di norma solo a qualche centinaio di euro) non possono certamente coprire i reali costi delle indagini e del processo, inclusi quelli degli operatori che hanno gestito sino ad allora il procedimento;

- a tutti gli operatori di Polizia Giudiziaria, di Segreteria del Pubblico Ministero, di Cancelleria del Giudice che gestiscono il fascicolo attraverso le varie fasi per i diversi adempimenti di accertamenti, di notifiche, di copie e che non di rado si ritrovano a dover “rincorrere” prove di notificazioni mancate o accertamenti disposti per determinati fascicoli e mai pervenuti, fax non ricevuti o documenti che non si sono rinvenuti. Tutti aspetti, spesso di carattere “burocratico” che fanno parte integrante del processo e anzi rappresentano adempimenti che, se non correttamente effettuati, possono rappresentare motivo di nullità dei provvedimenti eventualmente assunti successivamente. Dai dati EURISPES emerge elevata la percentuale dei processi rinviati per problemi tecnico-logistici (6,8%) che comprendono voci come indisponibilità dell'aula, indisponibilità del trascrittore, assenza dell'interprete di lingua straniera, mancanza del fascicolo del PM e, in alcuni casi, del fascicolo del dibattimento.

- ai Magistrati che si trovano a dover gestire quotidianamente montagne di fascicoli e a fare i conti con le risorse scarse in termini di aule e di personale, nonché con le problematiche burocratiche relative alle notificazioni, alle assenze di testi in giudizio, ai solleciti per ottenere risposte da parte della Polizia Giudiziaria (che a sua volta ha avuto propri ritardi interni per l’evasione degli accertamenti richiesti). La celerità dello “smaltimento” dei fascicoli e della definizione dei relativi processi è affidato alle doti di organizzazione, di autorevolezza, di concretezza e di spirito di sacrificio da parte di ciascun Magistrato. Nella mia esperienza processuale nelle aule penali italiane, è capitato di incontrare taluni Magistrati che sentendo il peso della giustizia lavoravano sino a tarda ora nei propri uffici o pretendevano la presenza in aula degli operatori sino a sera inoltrata e altri Magistrati che alle ore 13.30 in ragione della “tarda ora” rinviavano processi e testimoni ivi in attesa da ore ad altra udienza. Così come ho potuto apprezzare taluni Magistrati che hanno dimostrato di percepire veramente il peso del proprio ruolo decisionale poiché il fascicolo processuale non rappresentava solo un “mucchio di carte da smaltire”, bensì la vita e la libertà di una persona imputata da un lato e la sofferenza della parte lesa dall’altro. Diversamente, ho avuto modo di criticare altri loro colleghi che giudicavano frettolosamente e - a fortiori - superficialmente il caso e le deposizioni dei testimoni, in ragione della mole di processi della giornata o rinviavano un processo sol perché dovevano sostenere di lì a poco un importante incontro di tennis.

- agli avvocati che quotidianamente lottano nel tentativo di far rispettare le reali garanzie per le persone coinvolte nei processi penali (siano essi imputati o persone offese dai reati), spesso accantonate in ragione della fretta di smaltire la mole di procedimenti in carico alle Procure e ai Tribunali. Avvocati che, lungi dall’essere causa di inopinati rinvii dei procedimenti (che anzi talvolta vengono celebrati, in loro temporanea assenza, con il reperimento di un qualsiasi altro legale immediatamente reperibile, nominato dal Giudice d’ufficio per tale incombente), sovente ne sono parimenti vittime: è esperienza quotidiana l’attesa di ore per la chiamata del proprio processo (poiché il Tribunale ha fissato indistintamente una ventina di udienze, tutte per le 9.30) e il successivo rinvio, magari per l’avvenuto accertamento di un’omessa notifica da parte della Cancelleria;

- ai testimoni citati nei processi penali che spesso preferiscono non presentarsi poiché citati a notevole distanza di tempo dallo svolgersi dei fatti, o a notevole distanza da casa, o perché documentano impegni inderogabili, o perché, costretti spesso ad attendere invano intere mattinate fuori dall’aula, preferiscono sperare che le parti rinuncino alle loro convocazioni (dalle indagini EURISPES le udienze che vanno a vuoto per assenza dei testi citati dal Pubblico Ministero sono il 39,2%).

Tutte le problematiche rappresentate dall’indagine EURISPES del 2008 sono ancora oggi quotidianamente riscontrabili nelle aule di giustizia. L’accesso ai riti alternativi non è risolutivo (anzi, sovente, nella prassi, gli “sconti” di pena concessi a chi acceda al rito abbreviato non rappresentano un’effettiva diminuzione concreta della pena, operando spesso lo stesso meccanismo di preventivo aumento in caso di “saldi”), così che i processi in rito ordinario restano sempre un numero assai consistente. Il rapporto EURISPES evidenziava processi dibattimentali celebrati con rito ordinario in percentuale del 90,6% dei casi monitorati, mentre il 5,4% con rito abbreviato e il 4% con patteggiamento.

I tentativi operati dal legislatore con alcuni interventi (estensione delle competenze del Giudice di Pace penale, estensione di competenze della Corte d’Assise - legge n. 52 del 2010) non sono stati sufficienti a risolvere il problema e per tale ragione, come noto, ad oggi ancora sono in discussione in Parlamento provvedimenti che possano bilanciare ora l’uno ora l’altro interesse coinvolto (cosiddetto “processo breve” o “processo lungo”?).

 L’unica certezza è che il problema della lentezza della Giustizia italiana è da più parti fortemente sofferto e, purtroppo, ancora in attesa di soluzioni concrete che possano contribuire a risollevare le aule giudiziarie dalla mole di scartoffie ivi accumulatesi nel tempo.

Questo soprattutto perché trattasi di una problematica complessa, che va ad incidere su diritti di rango Costituzionale: il diritto del cittadino ad avere da un lato un giusto ed equo processo, ma, dall’altro, che sia anche celebrato in tempi ragionevoli (articolo 111 Costituzione e articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ).

Decidere di accelerare le gestione del sempre crescente arretrato per giungere allo smaltimento, mantenendo le risorse a oggi disponibili, non può che comportare il rischio di affrontare con fretta e superficialità le questioni pendenti, con violazione delle garanzie del cittadino che ha diritto a ottenere un giusto processo e con rischio di cadere nell’arbitrio. Dalle rilevazioni EURISPES emergeva che la durata media della trattazione di un processo in udienza era di 18 minuti per i processi celebrati dinanzi al Giudice monocratico e di 52 minuti per quelli celebrati dinanzi al Tribunale in composizione Collegiale. La durata media del processo che prevedesse un singolo imputato durava di media 18 minuti, mentre nel caso di più imputati la durata media del processo in udienza era pari a 30 minuti.

Mantenere le garanzie in favore del cittadino perché il processo venga effettivamente definito secondo Giustizia (certezza degli avvisi al medesimo, diritto di citare testimoni, di effettuare indagini difensive, di richiedere accertamenti peritali e così via), comporta necessariamente la predisposizione di “paletti” che possono incidere sulle tempistiche processuali ma che rappresentano passaggi assolutamente indispensabili per far sì che il Giudice possa disporre di tutti gli elementi per poter decidere attraverso un processo giusto.

Occorre sempre trovare un giusto mezzo, un punto di equilibrio tra le esigenze costituzionali delle parti processuali e quelle dell’amministrazione della giustizia che - nonostante debba orientarsi nell’universo di “scartoffie” da smaltire più o meno voluminose in base alla gravità dei procedimenti e al numero degli imputati - non può dimenticare che non trattasi di meri pezzi di carta ma di persone (siano esse parti lese o imputati) e che ogni sentenza è sempre pronunciata “in nome del Popolo Italiano”.

(Grazie a Avv. Barbara Sartirana)

 

Pubblicato il 20/01/2012