Immunità giudiziale per il difensore penale (art 598 c.p.) (Cass.pen., sent. 12418/14)

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - SENTENZA 17 marzo 2014, n.12418 - Pres. Dubolino – est. Bevere

Per l'applicazione della cosiddetta immunità giudiziale non occorre che le offese siano in rapporto di giuridica necessità o utilità con l'esercizio del diritto di difesa del soggetto che le ha scritte, bastando che le espressioni diffamatorie, anche se non rispondenti a verità o dettate da motivi personali di risentimento dell'offensore, siano in qualche modo collegate con la tesi difensiva delle parti in contesa e con l'oggetto della causa.

 

CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. V PENALE 

SENTENZA 17 marzo 2014, n.12418

Pres. Dubolino – est. Bevere

Fatto e diritto

Con sentenza 5.3.2012, il tribunale di Bologna ha confermato la sentenza 23.2.2010 del giudice di pace della medesima sede, con la quale l'avvocato M.M. era stato condannato,per il reato di diffamazione in danno di S.S. , previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di Euro 900 di multa, al risarcimento del danno non patrimoniale liquidato in Euro 5.000, oltre agli interessi, nella misura del 2% dalla data del fatto alla data della pubblicazione della sentenza, nonché alla rifusione delle spese, in favore della parte civile.

L'imputato è accusato di aver offeso l'onore e la reputazione di S.S. , poiché avuta notizia che era indagato nel processo penale n. 1034/04 NRG, in corso dinanzi al giudice di pace di Bologna (conclusosi con sentenza 25.1.07, irrev. il 7.4.07,di assoluzione,in applicazione dell'esimente ex art. 598 c.p.), inviava, in data 11.2.05 alla procura presso il tribunale di Bologna, una lettera, quale memoria difensiva, nella quale affermava che il S. è notoriamente conosciuto come usuraio che vanta protezioni che gli consentono di agire impunemente'.

Il M. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 595, 598, 51 c.p.: il contenuto difensivo dell'atto e il contesto processuale in cui lo stesso è stato presentato rendono applicabile l'esimente ex art. 598 c.p., in quanto l'atto riguardava la persona offesa del primo processo per diffamazione e aveva un evidente collegamento con il presente procedimento, essendo le affermazioni funzionali alla difesa dall'accusa di aver leso la reputazione del S. . In quel processo dinanzi al giudice di pace e concluso con l'assoluzione, era stata contestato al M. il reato di diffamazione, perché, in una memoria, depositata dinanzi al tribunale civile di Bologna, aveva fatto queste affermazioni sulla personalità del S. 'dissoluta moralità ... la sua naturale propensione all'appropriazione indebita ... non senza definire folcloristica l'asserita onorabilità del S. stesso il quale costituisce il vero problema di se stesso...suoi traffici illeciti come un losco figuro'.

Secondo il giudice di pace, le risultanze processuali avevano dimostrato l’inaffidabilità professionale del S. , la sua inidoneità a mantenere l'incarico di amministratore di una società. Specificamente le affermazioni contenute nella memoria sono state considerate dal giudice di pace la risposta alle contestazioni enunciate nella comparsa della controparte e scaturiscono dall'esigenza di confutarle; tali affermazioni sono le seguenti : appropriazioni di denaro della società senza contabilizzazioni, addebiti contabili ... ritiro degli affidamenti bancari e chiusura dei conti correnti della società a causa dello scarso apprezzamento professionale e sociale che il S. riscuoteva nell'ambiente nel quale operava (all. l sent. 25.1.07, irrev. 7.4.07, pp. 4 - 5).

A fronte di un quadro processuale, avente ad oggetto la complessiva figura professionale e morale del S. , il giudice di appello ha circoscritto l'oggetto della contestazione nel procedimento pendente n. 1034/2004 RGNR all'accusa di appropriazione indebita e quindi ha escluso che l'offesa sull'attività usuraia contenuta nella lettera dell'11.2.05 fosse pertinente rispetto all'oggetto costituito dagli episodi appropriazione indebita.

Ritiene invece il ricorrente che non può sostenersi che l'ulteriore accusa di usura e di protezioni altolocate siano estranee all'aggetto del primo giudizio per diffamazione, essendo evidente che essa costituisce una specificazione di quanto era stato affermato in maniera più generica, riferendosi a 'traffici illeciti come losco figuro'.

Premesso che la scriminante in questione si applica anche a livello putativo, non può dubitarsi che affermazioni relative alla reputazione della persona offesa in un procedimento per diffamazione siano pertinenti e strumentali alla difesa dell'imputato. Il carattere difensivo dello scritto rende il suo contenuto esercizio del diritto di difesa e quindi scriminato a norma dell'art. 51 c.p.;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 599 c.p.: le affermazioni offensive sono state rivolte nei confronti del S. ritenuto autore di una ingiusta querela per un'affermazione del ricorrente pronunciata nell'interesse del proprio cliente, in risposta ad altrettante offese provenienti dal S. . Pertanto va riconosciuta l'esimente della provocazione, resa ancora più evidente anche a livello putativo, alla luce della successiva assoluzione del M. dal reato di diffamazione, che prova la piena ragionevolezza della sua convinzione di essere accusato

ingiustamente;

3. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 133 c.p.: i giudici di merito hanno giustificato l'entità della pena in base al tenore dell'offesa e della conseguente apertura del processo penale per usura, conclusosi con l'archiviazione. Non si è tenuto conto che la documentazione prodotta ha dimostrato che le accuse non erano infondate;

4. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'entità del risarcimento del danno non patrimoniale : tale entità è stata giustificata in base al destinatario della lettera offensiva (la procura della Repubblica); non è stato invece considerato che l'invio all'autorità giudiziaria dimostra la volontà del M. non di offendere il S. ma di difendere se stesso.

Il primo motivo è fondato.

Secondo un consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, l’esimente ex art. 598 c.p. costituisce applicazione estensiva del più generale principio posto dall'art. 51 cp, in quanto riconducibile all'art. 24 Cost. e si fonda esclusivamente sul rapporto di strumentalità tra le frasi offensive e le tesi prospettate nell'ambito della controversia giudiziaria in corso, sicché non si richiede che le offese abbiano una base di veridicità o una particolare continenza espressiva (sez. 5 n. 6701 rv 234008 8.2.06). Per l'applicazione della cosiddetta immunità giudiziale non occorre che le offese siano in rapporto di giuridica necessità o utilità con l'esercizio del diritto di difesa del soggetto che le ha scritte, bastando che le espressioni diffamatorie, anche se non rispondenti a verità o dettate da motivi personali di risentimento dell'offensore, siano in qualche modo collegate con la tesi difensiva delle parti in contesa e con l'oggetto della causa (17.1.1978, F.it. 1978, 1, 600, conf. 12.2.1987, Cass. Pen. 1988, 835).

Nel caso in esame va quindi riconosciuta tale esimente, in quanto tema generale e unico delle vicende giudiziarie - che vedono contrapposti il M. e il S. , rispettivamente nel ruolo di imputato e parte lesa - è costituito dalla personalità morale e professionale del secondo, costituente oggetto della critica, di ampio spettro, da parte del primo. Pertanto, riconosciuta, all'esito di un processo sullo stesso tema (in articolazioni plurime e strettamente collegate alle successive) e intercorso tra le medesime parti private, l'esimente dell'immunità giudiziale, identico riconoscimento merita l'imputato, che, nel corso del processo conclusosi con la sua assoluzione, ha fatto le affermazioni critiche aggetto del presente procedimento - a cui va riconosciuta immediata connessione e integrazione, rispetto a quelle già ritenute non meritevoli di sanzione penale. Il riconoscimento della fondatezza di questo motivo comporta l'assorbimento delle altre doglianze contenute nel ricorso.

La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.